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Alberto Flammer, grande interprete di Donetta


Il fotografo locarnese (nel ritrato di Tarcisio Cima scattato alla Casa Rotonda nel 2022), scomparso all’età di 85 anni, ha svolto un ruolo essenziale nella riscoperta dell’opera del suo collega bleniese

di Antonio Mariotti*

Siamo alla fine degli anni Ottanta, dopo oltre mezzo secolo di oblìo le fotografie di Roberto Donetta hanno ripreso a circolare in valle, soprattutto grazie all’impegno e all’entusiasmo di Maria Rosa Bozzini. Una prima mostra alla Casa comunale di Corzoneso attira l’attenzione di persone competenti che si rendono subito conto del valore storico ed artistico dell’archivio lasciato dal fotografo bleniese. Tra loro c’è il professor Dino Jauch che ha l’intuizione di coinvolgere Marco Franciolli, allora giovane conservatore del neonato Museo cantonale d’Arte, che si appassiona subito all’opera di Donetta e diverrà poi il promotore e il curatore delle due mostre monografiche a lui dedicate che si terranno nelle sale dell’istituto luganese nel 1993 e nel 2016.

Ma torniamo all’inizio: le lastre di Donetta vengono sì catalogate ma piuttosto sommariamente, anche perché non è per nulla facile identificare le persone e i luoghi. Sono oggetti fragili, delicati e, soprattutto, sono in negativo. Vanno maneggiate con cura, con i guanti di cotone bianco, viste appoggiandole con cura su una tavola luminosa oppure tenendole davanti agli occhi sfruttando la luce che entra da una finestra. Si pone il problema di stamparle, una per una. Ma sono cinquemila!

Qui entra in scena il protagonista di questa storia: il fotografo locarnese Alberto Flammer – scomparso il 10 novembre scorso all’età di 85 anni nella sua casa di Verscio – che installerà la sua camera oscura nella Casa comunale di Corzoneso e, sull’arco di oltre un anno, realizzerà le stampe a contatto dell’intero archivio di Donetta. Un protagonista non certo scelto a caso da Marco Franciolli che conosceva bene il suo lavoro: dai due libri fotografici che mutano per sempre l’immagine del nostro cantone («Occhi sul Ticino» del 1972 e «Pane e coltello» del 1975) a una serie di sperimentazioni che mettono spesso in primo piano la tecnica fotografica. Del resto Flammer porta con sé un bagaglio di esperienze che risalgono quasi ai tempi di Donetta, visto che suo padre, Johannes Albert (1903-1958), era attivo come fotografo a Locarno fin dagli anni Trenta, dapprima presso lo studio Steinmann e poi con un proprio atelier dove il giovane Alberto svolse l’apprendistato.

Da sempre creatura prevalentemente notturna, nei giorni che dedica all’archivio di Donetta, Alberto Flammer – come ricorda oggi Maria Rosa Bozzini – giunge a Corzoneso verso la fine del pomeriggio per poi lavorare ininterrottamente fino all’una o le due del mattino per poi riprendere la strada di casa. Flammer si immerge così sempre più nel mondo di Donetta, riconoscendo i pregi – ma anche le problematiche – di un materiale che considera eccezionale ma che è rimasto per decenni in condizioni precarie di conservazione. Capisce subito che stampare quelle fotografie sarà un’impresa impervia, una sfida che vale però la pena di essere colta affinché la loro forza e il loro fascino possano essere scoperti da tutti.

Prima della realizzazione del sito internet www.archiviodonetta.ch, le stampe a contatto di Flammer diventano così un materiale insostituibile per coloro che intendono ritrovare una persona, un luogo, una casa nel magma dell’archivio di Donetta. Ancora oggi, del resto, molti visitatori della Casa Rotonda di Casserio preferiscono sfogliare i 46 classeur tematici che le raccolgono per semplice curiosità o per trovare ciò che cercano. Flammer stamperà poi anche le 77 foto dell’esposizione luganese del 1993, ingrandendole fino al formato di ca. 20 x 30 cm, scegliendo una tonalità molto calda per il bianco e nero e utilizzando un viraggio al selenio che ne assicura la perennità. Un’operazione che proseguirà per altre quattro mostre allestite questa volta nella Casa Rotonda e accompagnate da altrettanti cataloghi. Solo nel 2011, in occasione dell’ultima («Fiori, ombra, cenere») Flammer «oserà» infrangere l’integrità di alcuni scatti di Donetta isolandone dei particolari ed ingrandendoli.

Oggi la Fondazione Archivio Donetta conserva l’integrità di questo lavoro (in tutto 201 stampe su carta baritata) che è stato l’elemento essenziale per la riscoperta di Roberto Donetta. Anche in seguito Alberto Flammer ha continuato a frequentare i vernissage delle mostre allestite alla Casa Rotonda, non mancando mai di dare preziosi suggerimenti e manifestando sempre i propri apprezzamenti con la schiettezza che lo contraddistingueva. E anche lui è stato ospite dell’edificio dove Donetta morì nel 1932, esponendovi nel 2016, con il titolo «Corpi», i suoi poetici nudi realizzati negli anni Settanta e Ottanta. Una felice «chiusura del cerchio» per un grande fotografo che non si è mai arrestato davanti ad alcun ostacolo e che, nemmeno nel riprodurre le foto di Donetta, ha rinunciato a una scelta stilistica molto precisa che, con il tempo, ha preso a confondersi con quella dello stesso Donetta. Solo ad Alberto Flammer poteva riuscire questo «miracolo fotografico».

  • * Presidente Fondazione Archivio Donetta