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La presentazione di Paolo CRIVELLI per la mostra di Giovanni LUISONI

Lo scorso 26 ottobre si è inaugurata, con grande partecipazione di pubblico, alla Casa Rotonda la mostra “Cinquant’anni a passo d’uomo. La valle di Muggio di Giovanni Luisoni”. Riproduciamo qui di seguito il testo di presentazione pronunciato in questa occasione da Paolo Crivelli, geografo, fondatore del Museo etnografico della valle di Muggio e amico di lunga data del fotografo.

Un pomeriggio di inizio settembre una telefonata mi sorprende. E’ Giovanni Luisoni che mi chiede di presentare la mostra di sue fotografie a Corzoneso. Seduto sulla panchina del nostro Alpe Génor sul Monte Generoso rimango di sasso proprio come i muri che mi stanno di fronte. Una proposta che mi tocca profondamente. So che proviene dal suo riconoscimento per il nostro operato, di Silvia mia moglie, ed io, a favore del territorio della Valle di Muggio, come curatori del Museo, e scaturisce anche dal suo cordoglio per la perdita di Silvia.
Per me oggi è un grande piacere essere qui in una casa rotonda che richiama molto le nevère presenti in alta Valle di Muggio. Un luogo di prestigio, la casa archivio Donetta, un fotografo che ha prediletto la gente e i luoghi della Valle di Blenio così come Giovanni Luisoni si è dedicato alla Valle di Muggio.

L’invito rivolto a Giovanni Luisoni di esporre in questa sede proviene evidentemente dal Consiglio di Fondazione dell’Archivio Donetta ma la scelta di esporre fotografie della Valle di Muggio è sua. E’ encomiabile già il fatto di voler presentare la nostra valle al di fuori del suo contesto. Ma Luisoni si rende conto che le 32 foto, qui messe in mostra, non sono sufficienti per dare una visione completa della valle. Si adopera allora con coraggio alla creazione di un libro che raccoglie 120 fotografie scattate in quasi 50 anni “a passo d’uomo”. Mostra e libro sono intimamente legati e sono un segno di profonda generosità. Come lui stesso mi fa notare è un modo per restituire alla Valle ciò che da essa ha ricevuto in sensazioni ed emozioni. Il suo intento è quello di raccontare la valle che “è un piccolo territorio ma grande nei sentimenti e nei paesaggi” e sono sue parole.
Questa affermazione testimonia la grande sensibilità interiore di Giovanni. Ed è proprio da qui che vorrei partire anche perché, come scrive il presidente Mariotti nell’introduzione al libro, “Luisoni non è Pedroli”. Certo Gino Pedroli è stato suo maestro ma oggi Giovanni, a 80 anni appena compiuti, è pienamente consapevole del suo essere fotografo. Per questo parlerò piuttosto di lui e di ciò che sta dietro le sue immagini.
Le fotografie di Luisoni sono il riflesso di una dimensione interiore che si cela nell’animo dell’autore un un po’ pittore, un po’ poeta, ma soprattutto un fotografo attento alla dimensione umana intimamente immersa nel paesaggio.
Questa dimensione profonda la chiamo sensibilità. Anzi parlerò di tre forme di sensibilità.

Ho la fortuna e il vantaggio di conoscere Giovanni da una cinquantina di anni. Dapprima nel suo negozio di Mendrisio, poi in occasione di mostre e pubblicazioni per il Museo etnografico e durante le ricorrenze e feste tradizionali in valle. In lui ho sempre riscontrato gentilezza, grande disponibilità e cordialità anche nell’accoglierci con il suo sorriso a casa sua. In un recente colloquio mi confida anche il suo dolore per la perdita del caro gemello Umberto, avvenuta nel 2008, pure appassionato di fotografia.
Questa sua evidente sensibilità del cuore mi spinge a sottolineare che, come tratta le persone, tratta anche il paesaggio, cioè con sensibilità, premura e gentilezza.

La sua sensibilità proviene anche dall’ambiente famigliare. Il papà era bravo nel disegno e lo aveva avviato alla formazione come apprendista pittore-decoratore, un lavoro allora importante nell’ornare le case con scritte, disegni e tappezzerie. Ma la fotografia come dice Giovanni era un tarlo onnipresente. Sorridente mi racconta delle prime foto scattate al castello di Trevano in compagnia di Stefania diventata poi sua moglie. Produce i primi servizi già nel 1968 per diversi giornali e anche per la televisione, collabora con riviste nazionali e internazionali. Lavora in alcuni studi fotografici e insegna persino i principi della fotografia ai ragazzi. Nel 1973 apre un negozio di fotografia a Mendrsio in via Corso Bello. E’ proprio li che lo incontro per la prima volta. In quegli anni nasceva in me l’interesse per la fotografia e avevo istallato, in una vecchia cucina di Morbio Inferiore, una camera oscura. Giovanni era molto paziente e i suoi consigli, per lo sviluppo e stampa di fotografie in bianco e nero, erano molto utili. Nel 1970 mi ero procurato un noto manuale «il libro della fotografia, tecnica e applicazione» scritto da uno dei più grandi fotografi allora viventi, l’americano Andreas Feininger. L’ho ripreso in questi giorni. Un libro di base sul come fare e cosa non fare in fotografia dallo scatto alla stampa. Ritrovo, sottolineata una frase di Feininger «la fotografia è un mezzo per raggiungere un fine: un’immagine che abbia uno scopo, un senso». Direi che le foto di Luisoni sono cariche di senso, anzi contribuiscono a dare senso al territorio. Per raggiungere questo scopo Giovanni opera una scelta di fondo, la fotografia in bianco e nero.

Se la prima è una sensibilità del cuore, la seconda è una sensibilità nella padronanza della tecnica fotografica del bianco e nero. Una tecnica che nasce verso la metà del 1800 basata sulla scoperta delle capacità del bromuro d’argento di reagire alla luce. Il principio consiste nello spalmare del bromuro di argento su una pellicola che, inserita nell’apparecchio fotografico, viene esposta alla luce che attraversa l’obbiettivo. Un oggetto bianco, che riflette la luce, provoca una reazione «brucia» il bromuro di argento per cui dopo lo sviluppo, esso risulterà in nero sul negativo. In seguito il negativo viene proiettato, tramite un ingranditore, sulla carta fotosensibile dove le parti in nero sul negativo, non ricevendo luce, verranno restituite in bianco come nella realtà. Cioè si compie due volte il medesimo processo. Rimane il momento magico quando sulla carta immersa nel rivelatore appare gradualmente l’immagine.

Mi scuso per questa parentesi tecnico-didattica ma è importantissimo essere consapevoli di questo metodo in quanto le foto di Luisoni che vedete qui sono ottenute in questo modo. Il medesimo utilizzato da Roberto Donetta che nei primi tre decenni del secolo scorso proprio qui ritrae persone e luoghi lasciandoci ritratti di grande qualità.
Giovanni Luisoni è un vero maestro nella padronanza di questo processo e, come dice lui stesso, la camera oscura è un esercizio continuo. Per raggiungere il risultato eccellente che qui vedete occorre molta sensibilità nel produrre un negativo sufficientemente denso per poi passare alla stampa su carta. Tramite solitamente la cosiddetta provinatura a strisce viene individuato il tempo di posa per rendere le tonalità dei grigi, i contrasti, la definizione, la morbidezza in certi casi.
Alla mia domanda se esegue dei tagli alle sue immagini in fase di stampa mi risponde categoricamente che ciò che è presente sul negativo per il 98% viene riprodotto su carta. Questo significa che l’inquadratura di partenza è importantissima. Queste immagini sono ottenute direttamente sul campo per di più con pochi scatti. Certamente anche l’apparecchio fotografico ha la sua importanza, ma che sia una Leica, una Rolleyflex o una Hasselblad, non è determinante. Ciò che conta è il fotografo che la utilizza per lo scopo che intende raggiungere.

Se la prima è la sua sensibilità interiore, la seconda una sensibilità tecnica, la terza è una sensibilità al territorio. Credo che questa sensibilità scaturisca dal suo attaccamento alla Valle e alle persone che la abitano. Nelle immagini traspare una delicatezza, un approccio mai aggressivo, una cautela nel ritrarre persone o paesaggi.
L’importanza della luce è un fattore fondamentale in fotografia. E come mi diceva un amico fotografo, in Valle di Muggio troviamo una luce particolare che la caratterizza. Osservate bene queste immagini. Luci e controluce fanno emergere: forme del rilievo, linee geometriche, punti, curve, strutture, velature. In queste immagini, grazie alla luce, si realizza una sorta di miracolo che esalta la dolcezza e la sinuosità quasi affettuosa del paesaggio.
Il territorio rappresentato da Luisoni è un paesaggio antropizzato cioè prodotto dalla presenza secolare dell’attività umana. In un certo senso le sue fotografie catturano il tempo che passa e le rendono anche un documento storico. Emblematica è la transumanza di ritorno dal Generoso con le mucche allineate in un paesaggio con la prima neve.

La natura è presente talvolta in forme quasi astratte, in altre sofferente come nel ramo spezzato o nella conifera spuntata.
La sua sensibilità è presente nel tema della sacralità e della religiosità affrontate con profondo rispetto e devozione, fino a farne percepire il silenzio. Gesti e giochi dei ragazzi sono simbolo di vivacità e di speranza, ricordano simbolicamente la fanciullezza passata.

Luisoni ritrae uomini e donne nella quotidianità, nei momenti del riposo o impegnati in attività tradizionali, riprende personaggi e artisti che operano in valle. Ma lo fa con una certa discrezione tenendo l’obbiettivo ad una certa distanza considerando che utilizza ottiche fisse. Scaturiscono ritratti genuini che sembrano sul punto di voler parlare. Le persone sembrano fondersi nel paesaggio rivelando l’essenza, l’anima stessa della Valle.
L’insieme elle sue opere offre uno sguardo intimo sulla Valle. La città Ticino appare timidamente nella pianura, un po’ annebbiata, con l’obbiettivo che sembra sbirciare tra i tralci di un filare vignato.

In ultima analisi credo che queste fotografie si possano collocare in un triangolo immaginario che ha come vertici: A, Giovanni con la sua sensibilità emotiva, B, la completa padronanza della tecnica fotografica del bianco e nero, C, il territorio con i suoi contenuti e soggetti. La bravura del fotografo sta appunto nell’aver trovato un equilibrio che rende uniche le sue immagini. Così come un dipinto è riconducibile all’artista che lo ha prodotto, queste fotografie identificano Giovanni Luisoni fotografo.
Per me che opero da più un quarantennio nello studio e valorizzazione del territorio in valle di Muggio, posso affermare che queste immagini riflettano pienamente il valore del nostro paesaggio con la sua gente. Un notevole lavoro di Giovanni che, aggiunto alle pubblicazioni che ho avuto la fortuna di curare con Silvia in seno al Museo etnografico, offrono uno sguardo ampio e documentato sulla nostra Valle.

Con queste immagini esposte e presenti nel libro, Giovanni conferma di essere un nome di spicco nel panorama fotografico ticinese. Anche se Giovanni non ama essere definito artista, ritengo comunque che, con lo scrittore Alberto Nessi, il pittore Samuele Gabai, la scultrice-ceramista Simona Bellini, che vivono in valle, Giovanni Luisoni fotografo si unisce formando un quartetto che qualifica la cultura della Valle di Muggio, la Valle più a Sud della Svizzera, come precisato nel sottotitolo del libro. Una Valle che annovera tra i più bei paesaggi della Svizzera.

Permettetemi di concludere leggendo un suo pensiero che dimostra ancora una volta la profonda sensibilità del cuore di Giovanni, troverete a pagina 156 del libro “questa pubblicazione vuole essere anche un pensiero, in ricordo di Silvia Crivelli Ghirlanda già curatrice del mevm che ci ha lasciato prematuramente nel febbraio 2024”.

Un grazie immenso a Giovanni per aver dedicato 50 anni a passo d’uomo per la nostra Valle.

Paolo Crivelli


Paolo Crivelli, geografo ed etnologo di formazione, già curatore del Museo etnografico della Valle di Muggio, promotore del Museo nel territorio ha realizzato diversi progetti di valorizzazione, ha curato diverse pubblicazioni e mostre inerenti la Valle di Muggio e il Monte Generoso. E’ stato docente di geografia nei Licei del Cantone Ticino.